§CONSIGLI DI LETTURA: la citta’ condannata

Arkadij e Boris Strugackij LA CITTÀ CONDANNATA Traduzione di Daniela Liberti

Titolo originale Град обреченный – The Doomed City

Strugackij, Arkadij. La città condannata (Italian Edition) . Carbonio Editore.

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Copyright © 1988, 1989 by Arkady & Boris Strugatsky © 2020 Carbonio Editore srl, Milano Tutti i diritti riservati Traduzione dal russo di Daniela Liberti Pubblicato con il supporto del TRANSCRIPT Programme to Support Translations of Russian Literature della Mikhail Prokhorov Foundation

Un libro destinato a non uscire secondo le stesse intenzione dei due scrittori. Dai contenuti e dalla trama, quando iniziarono a comporlo nel 1967 nel tempo dell’Unione Sovietica, e alla luce delle enormi difficoltà per pubblicare le loro precedenti opere, i fratelli Strugackij sapevano che sarebbero incorsi nella censura in una previsione ottimistica, se non in carcere, o direttamente nei Gulag. Le esperienze dei loro colleghi scrittori erano evidenti.

Come per i precedenti libri, spedivano in prima lettura ad editori fidati, i quali rispondevano di non poterli pubblicare, perché, nonostante i temi fantascientifici, lo stile che oggi noi diremmo distopico, i temi delle fiabe, la descrizione del vivere russo e dei popoli all’interno dell’URSS, vi erano critiche all’amministrazione, al vivere civile, alle leggi, agli scopi e alla logica stessa di un apparato che si diceva rivoluzionario da anni e anni.

Lo stile delle loro opere, e di questo romanzo, è ricco di variazioni tra il favolistico, l’umoristico, accompagnato da un’analisi fredda dei meccanismi del consenso, del potere, dell’asservimento. Nonostante che i temi siano dissimulati e narrati con il meccanismo del paradosso e dell’ironia, la critica emerge netta e dura. Anzi, proprio per lo stile apparentemente leggero, pazzo a tratti, e quasi da cabaret, che aveva la funzione di occultare la critica radicale all’URSS e in più in generale alla costruzione dei miti usati dal potere politico ed economico per asservire le persone, per contrappasso, si traduceva in una condanna senza appello.

Ecco perché spedivano comunque le loro opere: anche nel diniego, le copie passavano in una cerchia di lettori professionisti sempre più ampia, in modo che poi qualcuno di loro fosse stato in grado di stamparlo all’estero. Per molte delle loro opere così accadde. I due scrittori assunsero precauzioni da vere spie dei romanzi gialli, cercando di nascondere il libro e le versioni corrette. Lo rimaneggiarono fino al 1973. Poi finalmente riuscirono a pubblicarlo dopo il crollo dell’URSS, ma anche qui dissimulando in due parti, e riducendolo. Non si fidavano degli apparati che erano ancora presenti nella nuova Russia. Nel 2000 finalmente uscì una versione unica, ricorretta e limata.

La “città condannata” è l’URSS, anzi è ogni agglomerato statuale che dopo un presunto processo rivoluzionario, per tentare di sopperire alla contraddizione tra le teorie del mutamento e la volontà di rimanere stabilmente nei centri del potere, rende vuoti gli obiettivi e gli scopi, delineando la dichiarazione di una terra promessa sempre di lì da venire, per un uomo nuovo e una società nuova. Tutto è subito in vista della società dell’avvenire, e ognuno è un ingranaggio.  I fratelli Strugackij mostrano che l’insensatezza, l’assenza di ragionamento, le parole d’ordine vuote sono gli strumenti razionali e coerenti del potere che asservisce e che ha l’unico scopo di mantenere se stesso, vuoto, e rivestito di una promessa sempre futura.

Un libro complesso, durato trenta anni. Molte caratteristiche dei personaggi, dai tic, ai modi di dire ritornano continuamente, come un leit motiv di annuncio dei personaggi delle opere di Richard Wagner. Questa apparente ridondanza è dovuta anche alla ripresa di temi e dialoghi nell’arco di decenni, con pause dovute alla scrittura di altre opere. I personaggi sono descritti in modo fisico, carnale, dalla sporcizia ai tic. Si ha l’impressione di averli vicino, fino a sentire la puzza del loro sudore. Si conosce anche il modo di vivere dei russi, ma della Russia profonda, dalle loro bevande, agli strumenti di lavoro agricolo e di fabbrica, ai carri, e agli indumenti, dai riti e dalle ricette tipiche, anche dei popoli non russi dell’URSS. Questo libro mostra il grande arcipelago dei popoli di questa Unione imperiale. La loro commistione e l’evidenza di antichi conflitti.

Sono trattati i temi dell’amministrazione, dell’informazione, della violenza, della tortura, della carestia, della mancanza di libertà, del razzismo, dello sciovinismo, e del maschilismo: le donne sono trattate molto male, proprio da coloro che indicano nell’esperimento (la società rivoluzionaria comunista, socialista, non ha importanza, anche totalitaria in modo astratto) la volontà di perseguire l’uguaglianza per un uomo e una donna nuova.

Lo stile dei due scrittori è rivestito da una sintassi brillante che avvolge il lettore, e lo spinge ad andare avanti con un ritmo talvolta da fuochi d’artificio, oppure lento e riflessivo. Vi sono variazioni continue in un tema di fondo che fornisce il ritmo della scansione degli eventi. Le allegorie sono originali e comiche.

È il loro libro: l’opera che secondo gli autori non sarebbe mai potuta uscire. Completamente inattuale. E lo è ancora oggi, perché le riflessioni contenute sono vive nel nostro presente.

Secondo le analisi di questi anni il libro è catalogato nel settore della distopia. I due fratelli nel 1967 non avevano in mente tale termine. Comunque il libro è molto di più: uno scrigno che via via nelle sue secrete, mostra l’aberrazione di ciò che è ritenuto “normale”.

Un libro godibilissimo, ironico, d’avventura, e denso di temi.

Vi è un’analisi approfondita sul potere che asservisce, descritto con una ironia dissacrante: per togliere regalità al re, occorre che sia visto nelle sue concrete fattezze: ridicolo e nudo. La risata disvela l’orrore della apparente normalità e dell’accettazione di valori imposti e pienamente contraddittori nella loro formulazione.

I fratelli Strugackij perfezionano il loro stile, talvolta poetico, nel mostrare la normale violenza dell’assurdo che è il nucleo dell’attività politica e di indirizzo che pervade ogni amministrazione, fino a ogni modo di vivere del singolo. La denuncia di ciò è mostrata attraverso il lato comico dei tratti caratteriali dei protagonisti, oltre alle loro goffe e patetiche imprese.

La risata che condanna questa città.

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