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@12 PoeticaMente: Panoramiche contemplazioni

15 aprile 2014 

Esiste una giovinezza immaginata e collocata in un tempo, forse mai accaduto, dove il cammino, e la stasi su un gradino di casa, o in una panchina nella strada, o di un locale all’aperto, era più di un semplice stare o riposare.

Vi era l’eccitazione di incontrare amici e persone care, dopo un giorno di lavoro o di minimi impegni formali. Camminare a zonzo, indugiare in circuiti appena percorsi nel parlare o nell’osservare i passanti, era già una risposta momentanea alle domande inespresse dei sonni della notte e delle albe tormentate. Sia nel clima umido, ma di più per le giornate miti con il Sole infastidito dai pizzichi delle nuvole, spinte da venti dispettosi, si sorrideva appena usciti dagli spazi murati della mente e del corpo.

Gli eventi del passato anche se così non sono accaduti, però comparendo nel presente, si trovano a loro agio. Si vestono di un’armonia assonante tra le sensazioni del proprio corpo rilassandosi nel compiere azioni primordiali e con le emozioni che invocano una visione panoramica dello spazio circostante.

Img - Jpg

Jean Béraud, Avenue Parisienne

Le contemplazioni offrono attimi d’esser lieti con la sensazione fisica di stare semplicemente senza chiedere il perché e senza concentrarsi sul come. La sensazione di respirare sorridendo nell’osservare i posti familiari e sempre omessi nelle faccende di perseguimento di scopi ben delineati, offre una appagante visione estetica che si tramuta in un immediato benessere fisico.

Questa sensazione ritenuta normale quando appare, e sempre perseguita nei luoghi dell’isolamento e negli spazi dell’angoscia, è l’espressione della contemplazione di essere distinti ma in assonanza con ciò che ci accompagna nel divenire di tutte le cose.

Compagnie

Siedo assolato
d’ombra coperta
con bevanda
d’oro colato
dalla fonte infinita.

Assenti freddure
congedano arie
granulate da
ipocrite pretese
di compagnie
inutilmente contese.

Contemplo pieno
di buona indole
ogni orma accaldata,
che sfiora nell’ombra,
piani lasciti
riflessi da schegge
della mia armonia.

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#13 Contaminazioni: Passacaglia: Il presente e il passato

26 marzo 2013 

Nella curiosa e lieta familiarità che talvolta appare nel camminare in territori sconosciuti, subito dopo il primo respiro solitario, rifluisce il passato che si fa dinanzi e ci accompagna nel sentiero. La folla degli eventi possibili e accaduti dispiegano ventagli di emozioni, come questa Passacaglia dalla Suite n. 7 di George Friedric Haendel che offre arie in progressione, con sequenze di note ripetute in modo analogo all’arte della fuga di Johann Sebastian Bach. Infatti, abbiamo già un’idea di dove andrà la cellula musicale ripetendosi in toni di poco diversi.

Nell’ascolto e nel contemporaneo ricordo del motivo precedente, vibra in noi dolcezza e nostalgia. Le note si aprono nella rincorsa degli archi come lacrime che scendono sui sorrisi pizzicati dell’arpa. Ogni motivo non si chiude, perché ricomincia come un passo dopo l’altro in un ritmo cadenzato di un sentiero sempre più largo in una progressione indefinita verso noi stessi. E infatti l’arpa raccoglie tutti gli spicchi dei suoni precedenti.

Come una fontana che raccoglie i flussi, così, appena finito il getto d’acqua, questo s’adagia e s’appresta a ripartire con una cascata di note raccolte nei violini e pronti a gettarsi in toni più alti.

Come l’arpa è pronta a ricevere il nuovo annuncio, dopo una breve sospensione, così noi in seguito, attoniti per la meraviglia, ricominciamo il cammino accompagnati da nuovi riflessi di quello che siamo stati.

Img - Jpg

Georg Friedrich Händel ritratto da Thomas Hudson nel 1749.
immagine presa da QUI

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