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#16 Contaminazioni: appuntamenti rubati

29 aprile 2013 

L’infanzia, la giovinezza e l’età adulta sono contraddistinte da riti e condivisioni con i pari che permeano e consolidano noi stessi e il passato che vive assieme a noi. Confidiamo che avvengano in modo analogo a quelli di poco più avanti di noi, accompagnando sicurezze e certe promesse per l’avvenire.

Non sempre è così per i popoli delle Terra, e per i singoli individui.

Coloro che promettono, possono mentire su momenti della nostra vita e condurci in vie beffarde e crudeli senza uscita, come se fossero appuntamenti rubati. Rispetto alle aspirazioni di ogni giorno, l’insoddisfazione è vincente. Se si basa l’avvenire e l’immagine del proprio vissuto in virtù di ciò che da soli si è promessi, il risultato sarà sempre limitato. Nonostante tutto non si può affermare in modo incontrovertibile di accontentarsi, perché l’ambiente e gli uomini possono arrecare comunque un danno.

Si soccombe, nonostante che l’amor proprio cerchi di reggersi con le dita sul dirupo calante nell’abisso dell’animo senza speranza. Un aiuto per continuare a immaginare nuove vite, può essere fornito dall’esempio di coloro che, anche vivendo agli antipodi, attraverso le debolezze e le sconfitte, sono riusciti a sopravvivere e infine a vivere.

Ko Un, Kunsan, 1 agosto 1933, è un poeta, scrittore, saggista, autore teatrale e pittore sudcoreano, tra le figure più rappresentative della Corea del Sud contemporanea.

Img - Jpg

KO UN – Immagine presa QUI 

Costretto a imparare il Giapponese durante la dominazione dell’impero nipponico, e poi la lingua Cinese. Coltiva comunque l’apprendimento del Coreano. Quando nel 1950 scoppia la guerra, sconvolto per l’orrore tenta il suicidio. Si salva e si rifugia nel Buddismo, e tra elemosine e insegnamenti gratuiti di coreano e arte, scrive saggi e poesie. Nel 1962 abbandona il buddismo, deluso dalla corruzione del clero. Legge autori esteri, continua a scrivere, alternando periodi di prostrazione che lo portano per due volte a tentare il suicidio.

Ma all’inizio degli anni 70 riprende fiducia. Si occupa dei diritti umani e diventa un attivista contro la dittatura coreana e per questo fu imprigionato più volte e condannato all’ergastolo nel 1979, anche e principalmente per la sua attività letteraria e politica.

Nel 1982 ottiene l’amnistia. Si innamora e si sposa. Inizia una nuova fase di produzione artistica pubblicando numerose opere, spaziando in diversi stili, ricevendo premi di ogni tipo e ripetute candidature al premio Nobel. La poesia, tra saggi, opere teatrali, traduzioni, ha caratterizzato il suo sotterraneo percorso di caduta e rinascita.

Da “Fiori di un istante” di KO UN

L’animo di un poeta

Un poeta nasce negli spazi tra crimini,
furti, uccisioni, frodi, violenze,
nelle zone più oscure di questo mondo.

Le parole d’un poeta s’insinuano tra le
espressioni più volgari e basse,
nei quartieri più poveri della città,
e per qualche tempo dominano la società.

L’animo d’un poeta rivela il solitario grido di verità
che emana dagli spazi fra mali e bugie del suo tempo,
è un animo picchiato a morte da tutti gli altri.

L’animo d’un poeta è condannato, non v’è dubbio.

—-

E io ascolto e rispondo a te Ko Un .

Risposte dovute. – Lino Milita

Testimonianze del dolore patito,
richieste sono d’attenzione
per orecchie pigre d’orrore subito.

L’animo d’un poeta è obbligato a chiedere ascolto,
e se lo riceve, rivela interstizi di luce
tra muri senza riflesso, da nessuno raccolto.

E quindi ogni verso nel tempo frantumato,
riecheggia nelle flebili onde del vento ribelle
per rinascere dal dolore riesumato.