28 marzo 2013
Vogliamo, in genere, un senso compiuto che offra stabilità e che conferisca al divenire uno scopo che sia in linea con la causa, sebbene ciò che appare si manifesta in modi che il nostro linguaggio lo appelli come indefinito. La varietà e l’imprevedibilità costituiscono concetti che tentano di imbrigliare ciò che non vediamo e non intendiamo.
Immaginiamo solitamente una ricetta, un credo e una formula che sia da bastione all’infinito apparire e al timore della sua assenza. Abbiamo un’angoscia sublime verso il divenire e un tremore paralizzante verso il sospetto di cadere per sempre nel niente.
Tutto in regola, sia nel tempo, sia nella relazione che va dalla genesi alla fine. Nascita e morte del soggetto e del verbo, dell’anima e del corpo, invitano a considerarci in finte scissioni con una fede, agnostica, scientifica, religiosa che ci ricomporrà in modo senziente oppure in un indistinto apparire cui noi saremo senza dire e pensare e ricordare.
Immagine presa da QUI
E il silenzio dovuto al terrore, spinge la fantasia a elaborare altri linguaggi che non siano così meccanici nel credere che da una causa (genesi) si arrivi incontrovertibilmente all’effetto (dissoluzione). E vogliamo altre parole, altre sequenze e suggestioni. Altre forme di patire che non siano la razionalità della paura. Una follia che nel gioco, moltiplichi altre strade del divenire, per ulteriori sponde dell’esistenza.
Vogliamo la follia che tradotta anche in due note, regali la fede di moltiplicare differenti sonorità in un infinito comporre che renda sospeso il silenzio del nulla.
Per ascoltare “La Follia” Di Arcangelo Corelli, premere QUI