@20 PoeticaMente: mancanze definitive

Incontrai di recente un amico e conversando in un Bar, sopraggiunse un suo conoscente. La conversazione fu lunga e confortevole e sviluppò argomenti informali e privati su aspetti del proprio vivere e su eventi del passato. Il conoscente disse che non aveva rapporti di alcun tipo con i propri genitori (viventi) da più di dieci anni. Tralasciando i motivi ed eventuali giudizi sulle vicende che portarono a questa rottura insanabile, io e il mio amico rispondemmo con frasi e argomenti di circostanza deviando verso temi più leggeri, ma fummo avvolti da un senso di stupore e di angoscia prolungato per giorni. In certi casi, se le storie di vita sono state contraddistinte da traumi, litigi e odi e rancori repressi, il distacco è una dolorosa cicatrice. Nei rapporti famigliari e di coppia e anche nelle amicizie, dopo il litigio si ha un inconscio desiderio, meschino e arcigno, di sapere qualcosa di chi un tempo fu caro. La ipocrita curiosità persiste, nello sperare che il fu caro soffra o sia incorso in eventi dolorosi. In questo caso, sebbene la curiosità non fu espressa, comprendemmo di aver ascoltato un distacco funebre con il paradosso che si parlava di viventi. La risposta più semplice è l’odio che genera la fredda potenza dell’orgoglio cosciente e calcolante.

 

Invece il dubbio più abissale che continuava a girarmi in testa non era tanto l’analisi di un figlio che si comportasse in tale modo, quanto sulle future conseguenze. Vi sono coloro che hanno i genitori anziani e in progressivo peggioramento delle condizioni di salute, dove la vecchiezza si trasforma in vecchiaia: nella strada di ghiaccio del dolore e infine della morte. Alcuni sono orfani dalla tenera età. Di solito la presenza dei genitori è ritenuta scontata, sebbene nel corso dei mesi, comincino di frequente ad apparire piccoli acciacchi, sempre più diffusi e intensi. E se poi loro non appaiono più nella Terra, ognuno ha il pensiero e il dubbio di aver perduto il tempo non condiviso. Gli stessi che frequentano i genitori ogni giorno, nel momento in cui vi è l’evento luttuoso, hanno il rimpianto di non aver detto frasi importanti, vere e sentite. Il senso di inadeguatezza è comune e riflette anche il nostro vivere. La fine dei giorni per gli altri, fa pensare alla nostra dipartita; al tempo già passato e alla costellazione delle occasioni facilmente realizzabili, ma che per pigrizia, superficialità e ignoranza, sono state rinviate in un futuro immaginario.

Img - Jpg

Alicja Bloch, immagine presa QUI

 

La scomparsa dei genitori è compresa appieno nei giorni futuri, in cui ognuno si misura con i riti quotidiani delle ricorrenze e delle stagioni. Non avere un contatto con i propri genitori, implica un salto temporale, perché il ruolo di figlio è fermo in un punto del passato o in un cancello della mente, dove noi aspettiamo di entrare per ripetere l’episodio del distacco. Non avendo più rapporti, è come se si fosse già arrivati a una chiusura definitiva, sebbene i “morti” ancora appaiono. Il problema allora sorge nel momento in cui si sa o si viene a sapere che non vi sono più.

 

Cosa può succedere dopo il lutto definitivo?

 

Una prima risposta è che tutto il passato si presenta davanti, con tutte le rabbie e i dolori che non possono più essere risolti. In più, forse, appare un senso di vuoto lacerante misto ad impotenza. Vi è il rischio che le strutture depositate negli anni nel costruire la diga della divisione, possano crollare. E a che cosa si va incontro allora?

Img - Jpg

Tom Bennett , Sleepwalk 20, 2010, Immagine presa QUI

 

 Cosa accade nell’affrontare i morti per la seconda volta ? Cosa accade quando l’incontro è definitivo? Che mancanze avremo a subire?

@19 Poetically: The Apocalypse of carbon

The Apocalypse also refers to the catastrophe and then to the upheaval of the fundamentals and lack thereof. The table and the hamper that hold the food can be broken. The entropy has to do with the change that can cause disorder and anxiety evoking the shortage. The nightmare of the collapse of what supports us to live, to stay and to continue to exist, may reappear from the depths our unconscious.

 

In the last decades there is a specific day of the year where the Earth and its ecological systems do not transform, so favorable for us, the carbon cycle because we consume more than it can be absorbed and reproduced. Like a ship at the time of “Moby Dick” where you wanted absurdly energy, life and hope from the whales, now we depend on ships that carry oil. We are in the black water. And the other energies are living on it. It is a low energy, which is preparing for war for universal access to safe drinking water.

Img - Jpg

Christine Lindstrom – The image is taken HERE

 

The nature there always will be, but the problem lies in assessing whether there will be a second equilibrium comfortable for us. The ship creates the city and the mainland depends on the docking of these whales made ​​of steel. The towns are supplied by ships that connect the arteries of tubes that penetrate into the waters. It is the largest city of energy that lives near the ships swaying from one bank to another. This has more than 150 years and it is ending. Even if we found other sources of gas, and the loving embrace of a future poisonous atmosphere of Venus would attract the Apocalypse.

 

In the war of dirty water, but drinkable, it may happen that with our technological support we would find other sources and recycling, sustainable and reformulate a view of nature with free seeds and domesticated animals for companionship or for food. In Italy, for example, since centuries, there are no forests, woods or places that have not been uprooted and replanted by man. Every natural ecosystem Italian is sham in the sense of artifact, because it is made by man, both in technique and in the flow of water, both in building up the city and remember in art, symbol and gesture. And the cities are made of time, of production and consumption, dawn and night, rain and sun, and everything is maintained by plants with the continuous pulsation of chlorophyll synthesis. This lady green and lymphatic that exists and can exist before and without us.

 

Us how we can come to terms?

 

Here is the dilemma, and it is no longer to consume less, or be aware of it the same way as revived environmentalists, because we are already in the Apocalypse, and this is no longer the time of the prophets. We are already in the irreversible process of change and the inability to sustain a consumption below the maximum level of sustainability descending.

 Img - Jpg

Giacomo Costa – Imagine Taken HERE 

@19 Poeticamente: l’Apocalisse del carbonio

L’Apocalisse rimanda anche alla catastrofe e quindi al rivolgimento dei fondamenti e loro mancanza. Il tavolo e la cesta che reggono il cibo possono rompersi. L’entropia ha a che fare con il mutamento che può causare disordine evocante penuria e angoscia. L’incubo del crollo di ciò che ci sostiene per vivere, per stare e per continuare ad esistere, può riapparire dal profondo del nostro inconscio.

Dagli ultimi decenni esiste un giorno preciso dell’anno dove la Terra e il suo sistema ecologico non trasformano, in modo per noi favorevole, il ciclo del carbonio, perché noi consumiamo più di quanto possa essere assorbito e riprodotto. Come una nave ai tempi di Moby Dick che voleva assurdamente energia, vita e speranza dalle balene, ora noi dipendiamo dalle navi di petrolio. Noi siamo nell’acqua nera. E le altre energie vivono su essa. È una energia in esaurimento che sta preparando la guerra universale per l’accesso all’acqua potabile.

 

 IMG - JPG

Immagine di Christine Lindstrom – presa QUI

 

La natura vi sarà sempre, ma il problema risiede nel valutare se sarà presente secondo un equilibrio per noi confortevole. La nave crea la città e la terraferma dipende dall’attracco di queste balene di acciaio. Le città sono rifornite da navi che incrociano arterie di tubi che si inoltrano nelle acque. Ora è la grande città di energia che vive presso le navi che ondeggiano tra una sponda e un’altra. Tutto ciò ha più di 150 anni e sta finendo. Anche se noi trovassimo altre fonti di gas, l’amoroso e venefico abbraccio di una futura atmosfera di Venere, richiamerebbe l’Apocalisse.

 

Nella guerra dell’acqua sporca, ma bevibile, può accadere che con i nostri supporti tecnologici noi troveremmo altre fonti e ricicli sostenibili, e riformulare una visione della natura con animali semi liberi e addomesticati per compagnia e cibo da asporto. In Italia, per esempio,0 da secoli non esistono foreste, boschi o luoghi che non siano stati divelti e ripiantati dall’uomo. Ogni ecosistema naturale italiano è finto, nel senso di artefatto, perché è fatto dalla mano dell’uomo, sia nella tecnica, sia nel deflusso delle acque, sia nell’edificare la città e ricordarla nell’arte, nel simbolo e nel gesto. E le città sono fatte di tempo, di produzione e consumo, di alba e di notte, di pioggia e di Sole, e tutto è mantenuto dalle piante con la continua pulsazione della sintesi clorofilliana. Questa signora verde e linfatica che esiste e può esistere prima e senza di noi.

 

Noi come possiamo venire a patti?

 

Qui è il dilemma, e non si tratta più di consumare meno, o di esserne consapevoli alla stregua di redivivi ambientalisti. Ora siamo già nell’Apocalisse: non è più il tempo dei profeti. Siamo già nel processo irreversibile del cambiamento e nell’impossibilità di sostenere un consumo al di sotto del livello massimo di sostenibilità decrescente.

 

Img - Jpg

Immagine di Giacomo Costa – presa QUI 

@Poetically: the final cut

 

Img jpg

Perseus with the head of Medusa

 Author: Benvenuto Cellini – Piazza della Signoria in Florence

 

The cut of the head in war, to a penalty imposed by a modern legal system, or to a pagan ritual, it is a murder. Every murder is horrendous and, in addition, here we see a conscious desire to attribute meanings and symbols after the disappearance of the enemy. The head is a treasure, because it was the food: it contains the essence of the enemy. In ancient times we believed to possess the soul, the memory, or, on the contrary, that we send him definitively in the realm of the dead. In periods even closer to us, the severed heads became a trophy, to certify the power of the killer acting on the justice of God, legal, royal, political and moral.

 

 

During the period of the Enlightenment the guillotine was meant to sublimate the horrendous act of murder. A murder that recalls the fears of the archaic male, who were also referred to castration. The cut is not due to self-defense, and it has a major aggravating for guilt of the murder: it is premeditated. Do not you cut the head out of anger, ire or madness. This is done with common sense thinking about all the implications to strike terror, or to obtain the approval. It is in the midst of his faculties, and if it is fulfilled in view of an exposure to an audience, there is no mitigating factor. The states that still have the death penalty, organize the ritual aseptically; it is almost impersonal. The Executioner must be anonymous and faceless, and his actions must be mediated by machines to make the final gesture. In other countries with the hanging or the firing squad, there is a ritual among the public, the authorities, the “guilty” and the machinery that kills. The execution in the public square is a sacrificial rite that establishes a balance between the guilt and penalty. The rite want to cover the horror of death.

 

 

In recent months, ISIS – Jama’at al-Tawhid wa al-Jihad – (Islamic State of Syria) has reversed the process of abstraction between death and beheaded. There is a contact between the victim and murderess, so this is annihilated in silence. Not by chance are killed journalists: those who see and speak. The ISIS wants the annihilation and he wants to instill fear through the means of mass communication: an advertising strategy from western marketing. They were described as barbarians, or crazy, or of other cultures genetically evil. They are the bad guys. Still others say that they are our main products, and the fault is ours. In each case, the victim is forgotten. Beyond the political controversy and war, the element that arouses even more concern is that they have missed the mark, though when someone posts a picture of centuries ago that is the beheading, instead of talking about art and also the horror, the sublime and tragic, many commented on the exploits of this ISIS.

 

Img - Jpg

“Judith and Holofernes” Of Artemisia Gentileschi.

 The Image is taken  HERE –

The vision of horror and death disrupts our patterns historical and aesthetic. Some people, even those who know nothing of art, they believe that Artemisia was a bloody life. Instead Artemisia Gentileschi, in addition to being a great artist, was generosity personified in life. The art speaks of the human soul and in addition to light, there is also the abyss without light.

 

The death of that cuts is more frightening than a murder with a gun that in ten seconds can kill 20 humans. The ISIS is using a new fear. It is not God’s punishment, there is no rule of law, there is no clash eorico, maybe it’s a simple statement of power deaf.

 

What do you think? But the most important thing is: do you feel? What do you hear in your mind?

@18 PoeticaMente: il taglio finale

 

Img - Jpg

Perseo con la testa della Medusa

Benvenuto Cellini – Ubicata in Piazza della Signoria in Firenze

 

Il taglio della testa in guerra, per una pena inflitta da un sistema giuridico moderno, o per un rituale pagano è un omicidio. È orrendo come tutti gli omicidi, ma con una consapevole volontà di attribuire significati e simboli successivi alla scomparsa del nemico. La testa è un tesoro, perché era il cibo: contiene l’essenza del nemico. Nell’antichità noi credemmo di possedere l’animo, il ricordo, oppure, al contrario, che si fosse sicuri di relegarlo definitivamente nel regno dei morti. In periodi ancora più vicini a noi, le teste mozzate divennero un trofeo, per certificare la potenza dell’assassino che agisce per la giustezza divina, giuridica, regale, politica e morale.

 

Nel periodo dei lumi la ghigliottina ebbe lo scopo di sublimare l’atto orrendo dell’omicidio. Di un omicidio che richiama le paure del maschio arcaico, riferite anche alla castrazione. Il taglio non è dovuto alla autodifesa ed ha una aggravante maggiore per la colpa dell’assassinio: è premeditato. Non si taglia la testa per rabbia, ira o follia. Lo si fa pensando con raziocinio a tutte le implicazioni per incutere terrore, oppure ad ottenere il plauso. Si è nel pieno delle proprie facoltà e se lo si compie in vista di una esposizione ad un pubblico, non vi è alcuna attenuante. Gli stati giuridici nazionali che hanno ancora la pena di morte, organizzano il rito in modo asettico; quasi impersonale. Il boia deve essere anonimo e senza volto e le sue azioni devono essere mediate da macchinari per compiere il gesto definitivo. In altri paesi con l’impiccagione o la fucilazione vi è un rituale tra il pubblico, l’autorità, il “colpevole” e il macchinario che uccide. L’esecuzione nella pubblica piazza è un rito sacrificale che stabilisce un equilibro tra la colpa e la pena. Il rito vuole coprire l’orrore della morte.

 

In questi mesi, l’ISIS – Jamāʿat al-Tawḥīd wa al-Jihād – (Stato Islamico della Siria ) ha ribaltato il processo di astrazione tra la morte e il taglio della testa. Vi è un contatto tra l’assassino e la vittima, affinché questa sia annichilita nel silenzio. Non a caso sono uccisi i giornalisti: coloro che vedono e parlano. L’ISIS vuole l’annichilimento e vuole instillare la paura attraverso i mezzi di comunicazione di massa: una strategia pubblicitaria da marketing occidentale. Sono stati qualificati come barbari, pazzi, di altre culture geneticamente malvagie. Loro sono i cattivi. Altri ancora dicono che loro sono i nostri prodotti, e la colpa è nostra. In ogni caso, la vittima è dimenticata. Al di là delle polemiche politiche e di guerra, l’elemento che desta ancora più timore è che hanno colto nel segno, se nei social quando qualcuno pubblica un dipinto di secoli fa che tratta della decapitazione, invece di parlare di arte e anche dell’orrore, e del sublime tragico, molti commentano sull’ISIS.

 

Img - Jpg

 “Giuditta e Oloferne” Di Artemisia Gentileschi.

 

Immagine presa QUI

 

La visione dell’orrore e della morte scardina i nostri schemi storici ed estetici, e induce molti, anche coloro che nulla sanno di arte, di credere che Artemisia sia stata una sanguinaria in vita. Invece Artemisia Gentileschi, oltre ad essere una artista immensa ed unica, è stata la generosità in persona in vita. L’arte parla dell’animo umano e oltre alla luce vi è anche l’abisso senza riflesso di luce.

 

Cosa è per noi la morte che taglia, e se non è la morte, perché ci fa più paura un omicidio con una spada, invece che con un mitragliatore che dieci secondi ne può uccidere 20 di esseri umani? L’ISIS non sta utilizzando una paura nuova? Non è punizione divina, non è stato di diritto, non è scontro eorico, forse è una semplice affermazione di potenza sorda.

 

Che ne pensate? Ma la cosa più importante è: cosa provate? Cosa sentite nel vostro animo?

@18PoeticaMente: The final cut

 

Perseus with the head of Medusa.

 

Author: Benvenuto Cellini – Piazza della Signoria in Florence

 

 

 

The cut of the head in war, to a penalty imposed by a modern legal system, or to a pagan ritual, it is a murder. Every murder is horrendous and, in addition, here we see a conscious desire to attribute meanings and symbols after the disappearance of the enemy. The head is a treasure, because it was the food: it contains the essence of the enemy. In ancient times we believed to possess the soul, the memory, or, on the contrary, that we send him definitively in the realm of the dead. In periods even closer to us, the severed heads became a trophy, to certify the power of the killer acting on the justice of God, legal, royal, political and moral.

 

 

During the period of the Enlightenment the guillotine was meant to sublimate the horrendous act of murder. A murder that recalls the fears of the archaic male, who were also referred to castration. The cut is not due to self-defense, and it has a major aggravating for guilt of the murder: it is premeditated. Do not you cut the head out of anger, ire or madness. This is done with common sense thinking about all the implications to strike terror, or to obtain the approval. It is in the midst of his faculties, and if it is fulfilled in view of an exposure to an audience, there is no mitigating factor. The states that still have the death penalty, organize the ritual aseptically; it is almost impersonal. The Executioner must be anonymous and faceless, and his actions must be mediated by machines to make the final gesture. In other countries with the hanging or the firing squad, there is a ritual among the public, the authorities, the “guilty” and the machinery that kills. The execution in the public square is a sacrificial rite that establishes a balance between the guilt and penalty. The rite want to cover the horror of death.

 

 

In recent months, ISIS – Jama’at al-Tawhid wa al-Jihad – (Islamic State of Syria) has reversed the process of abstraction between death and beheaded. There is a contact between the victim and murderess, so this is annihilated in silence. Not by chance are killed journalists: those who see and speak. The ISIS wants the annihilation and he wants to instill fear through the means of mass communication: an advertising strategy from western marketing. They were described as barbarians, or crazy, or of other cultures genetically evil. They are the bad guys. Still others say that they are our main products, and the fault is ours. In each case, the victim is forgotten. Beyond the political controversy and war, the element that arouses even more concern is that they have missed the mark, though when someone posts a picture of centuries ago that is the beheading, instead of talking about art and also the horror, the sublime and tragic, many commented on the exploits of this ISIS.

 

 

“Judith and Holofernes” Of Artemisia Gentileschi.

 

The Imagine is taken HERE

The vision of horror and death disrupts our patterns historical and aesthetic. Some people, even those who know nothing of art, they believe that Artemisia was a bloody life. Instead Artemisia Gentileschi, in addition to being a great artist, was generosity personified in life. The art speaks of the human soul and in addition to light, there is also the abyss without light.

 

The death of that cuts is more frightening than a murder with a gun that in ten seconds can kill 20 humans. The ISIS is using a new fear. It is not God’s punishment, there is no rule of law, there is no clash eorico, maybe it’s a simple statement of power deaf.

 

What do you think? But the most important thing is: do you feel? What do you hear in your mind?

* 16 Special Guest: Bread and writing. The sum is more than the parts – second edition

May 27, 2014 

Saturday, May 24, 2014 
 in Rome – “Crypt of Saint Lucia of the Banner” in Via dei Banchi Vecchi 12, it was held the presentation of the second edition of the book “Words of Bread” project anthology of short stories about food, promoted by the writers “Diana Sganappa” and “Emma Saponaro”. The participants, including myself, have presented a single story, published or unpublished, having the union as a fundamental principle of this project, because the ingredients are blended in the kitchen, and the pleasure is right there: When in one gulp all the flavors are combined, as in the words, a universe in which everyone can join. In one word: sharing. And the proceeds of the sales will be donated to the “Association of Family and Supporters Suffering psychic Tuscia” (A.fe.SO.psi.T), because the Words of bread are not “empty words” 
 but a book for those who have no voice.

Img - Jpg

And … the project continues …

And once again the meeting of everyone with whom he had spoken only via computer, as well as being poignant and uplifting, offered the opportunity to expose for a few moments some parts of themselves for a further extension on different approaches and styles of writing.

Img - Jpg

And as for last year’s edition has appeared to enjoy the wonder of everyone: all together in offering a choral writing.

*16 Special Guest: Pane e scrittura. La somma è più delle parti – seconda edizione

27 maggio 2014 

Sabato 24 maggio 2014
 a Roma – “Cripta di Santa Lucia del Gonfalone” in via dei Banchi Vecchi 12, si è tenuta la presentazione della seconda edizione del Libro “Parole di Pane” un progetto antologico di racconti sul cibo, promosso dalle scrittrici Diana Sganappa e Emma Saponaro. I partecipanti, tra i quali il sottoscritto, hanno presentato un solo racconto, edito o inedito, avente l’unione come principio fondamentale di questo progetto, perché in cucina gli ingredienti si fondono, e il piacere sta proprio lì: quando in un sol boccone tutti i sapori si uniscono., come per le parole: un universo in cui tutti possano entrare. In una sola parola: condivisione. E il ricavato delle vendite sarà devoluto all’Associazione Familiari e Sostenitori Sofferenti psichici della Tuscia (A.fe.SO.psi.T), perché le Parole di Pane non sono “parole vuote”
ma un libro per chi non ha voce.

Img - Jpg

… e il Progetto continua…

E ancora una volta l’incontro di ognuno con cui si era interloquito solo per via telematica, oltre ad essere stato commovente ed esaltante, ha offerto l’opportunità di mettere a nudo per pochi attimi alcune parti di sé per un ampliamento ulteriore sui diversi approcci e stili nello scrivere.

Img - Jpg

E come per l’edizione dello scorso anno è apparsa la meraviglia di gioire di ognuno: scrittori già in opera, neofiti e professionisti per attività collaterali a quelle dello scrivere. Tutti assieme nell’offrire una scrittura corale.

# 20 Contamination: The lyrical compassion: a poetic source for the command to care and maintains

March 6, 2014 

He who command and who in positions of responsibility, first of all, he should express compassion and empathy, even for those for those who are weak and dumb.

To that end, I draw inspiration from the song “Il Presidente” of the disc at 33 rpm and Fabio Celi  and Nurses – “Madness.” 

Img - Jpg

It was written in 1969 and published in 1973. Disc This anticipates a two-year progressive rock and is already projected in the next decade. This Rock is built on the basis of two keyboards and the voice of Fabio Celi (aka Antonio Cavallaro). There are also foundations of classical music reconciled to the sweetness of voice and melodies italic, similar to some of the group’s musical “Banco del Mutuo Soccorso”.

In 1973, when he came out for the TV show “Studio 7”, the disc contains six tracks, was immediately banned by the Italian Radio and Television, limiting its distribution at the regional level.

Today in 2014 the chiefs, leaders, presidents speak declaratively and full of intent clear, with a child in the anal phase of rationality that wants to eradicate the evil, or people from one nation to another, or young leaders who want to expel , scrapping, and evacuate people, ideas and words. Or even novice knights who spread the purifying fire of acclaim, to clear the old putrid and rotten, and that is always more out of their own history and the environment from which they were born and raised.

And they talk about the advent of promising new was always far away, through their enthusiasm, gesture, ability. And all this is fine and noble, but it is always the “own” because they talk about “them.”

Who’s in charge would have the burden and the ability to manage resources and assets for the common good. He should listen to the obvious and conflicting points of view, preserving all, despite the changing conditions of survival to ensure the possibility of dignified existence.

This is not obvious, at least in recent centuries? 

The leader and the President should show compassion and care by the forces supporting it. A sense that it is her body and not so sacred and charismatic, but in the poetic sense of one who absorbs and reverberates. Of one who, like the poet amplifies it through limits and weakness.

The sense in lyrical poetic translation of the world is perhaps the matrix of the surplus of what we could be.

I propose a track on this album, from the title “President” and propose the text of a future modernity and a sweetness that is perhaps still not completely understood:  

È da poco tempo, che io siedo qui
massima vetta della società
E vorrei ascoltare, la parola di chi
Mi chiede pane, lavoro, e libertà.

Ma non è che non voglio, è che non posso
mantenere ora, ciò che promisi.

No, non fate quei visi.
Vorrei dir di si, a ciò che domandate
aiutare te, aiutare tutti voi
purtroppo non sono quello che voi credete
io qui sono tutto, ma non sono nessuno,
che posso farci, se mi hanno detto così
non fare un passo, non ti muovere di qui
che posso farci, se mi hanno detto di più
“ricordati, che chi comanda non sei tu”.

Che stupido sono, ho creduto
di avere tutto, niente ho avuto
prima di me, ognuno s’è venduto
ha messo all’asta la sua patria
la sua terra, la sua famiglia. 

To listen to the song click HERE

#20 Contaminazioni: La compassione lirica: una fonte poetica per il comando che cura e mantiene

6 marzo 2014  

Colui che comanda e che ha posizioni di responsabilità, prima di tutto, non dovrebbe esprimere la compassione? E l’empatia non solo per la rivendicazione di conflitti ma anche per coloro che sono più deboli e muti?

All’uopo prendo spunto dal brano “IL Presidente” del disco a 33 giri Celi Fabio e Gli Infermieri – Follia. 

Img - Jpg

Fu scritto nel 1969, e pubblicato nel 1973. Anticipa di due anni il rock progressivo ed è già proiettato nel decennio successivo. Rock costruito sulla base di due tastiere e sulla voce di Fabio Celi (alias Antonio Cavallaro). Vi sono anche basi di musica classica contemperate alla dolcezza della voce e delle melodie italiche, simile ad alcuni lavori del Banco del Mutuo Soccorso.

Nel 1973 quando uscì per Studio 7, il disco che contiene sei brani, venne immediatamente bandito dalla RAI, limitandone la distribuzione a livello regionale.

Oggi nel 2014 i capi, i leader, i presidenti italiani e stranieri parlano in modo dichiarativo e pieno di intenti chiari, con una razionalità di bambino nella fase anale che vuole estirpare il male, o popoli da una nazione all’altra, o piccoli leader che vogliono espellere, rottamare ed evacuare persone, idee, parole. O ancora novelli cavalieri che stendono il fuoco purificatore del plauso, per azzerare il vecchio putrido e marcio, che è sempre altro e fuori dalla propria storia e dal proprio ambiente dal quale sono nati e cresciuti.

E parlano promettendo l’avvento della nuova era sempre lontana, attraverso il loro entusiasmo, gesto, capacità. E tutto questo è bello e nobile, ma è sempre il “proprio”, perché parlano di “loro”.

Chi comanda avrebbe l’onere e la facoltà di gestire risorse e mezzi per il bene comune. Dovrebbe ascoltare gli ovvi conflittuali punti di vista, conservando tutto, nonostante il mutamento delle condizioni di sopravvivenza per garantire le possibilità di esistenza dignitosa.

Tutto ciò non è ovvio, almeno negli ultimi secoli?

Il leader e il Presidente non dovrebbero parlare anche e nonostante i loro limiti? Non dovrebbero mostrare una compassione e attenzione da parte delle forze che lo sostengono? Un senso che è proprio del suo corpo e non in modo sacrale e carismatico, ma nel senso poetico: di colui che assorbe e lo riverbera. Di colui che come il poeta lo amplifica anche attraverso limiti e debolezza.

Il senso lirico nella traduzione poetica del mondo non è forse la matrice del sovrappiù di quello che potremmo essere ?

Propongo un brano di questo lp, dal Titolo il “Presidente” e propongo il testo ( di una modernità futura e di una dolcezza forse ancora non recepita del tutto ):

È da poco tempo, che io siedo qui
massima vetta della società
E vorrei ascoltare, la parola di chi
Mi chiede pane, lavoro, e libertà.

Ma non è che non voglio, è che non posso
mantenere ora, ciò che promisi.

No, non fate quei visi.
Vorrei dir di si, a ciò che domandate
aiutare te, aiutare tutti voi
purtroppo non sono quello che voi credete
io qui sono tutto, ma non sono nessuno,
che posso farci, se mi hanno detto così
non fare un passo, non ti muovere di qui
che posso farci, se mi hanno detto di più
“ricordati, che chi comanda non sei tu”.

Che stupido sono, ho creduto
di avere tutto, niente ho avuto
prima di me, ognuno s’è venduto
ha messo all’asta la sua patria
la sua terra, la sua famiglia.

Per sentire il brano premi QUI

Le mie sono solo risposte a un tuo continuo richiamo…