TRATTO DA: I tre moschettieri / di Alessandro Dumas ; versione di Angiolo Orvieto. – Napoli : G. Rondinella, 1853. 4 v. ; 16 cm.; vol. 1 216 p., vol 2 216 p., vol 3 180 p., vol. 4 211 p.
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“I tre moschettieri” (Les trois mousquetaires) è un romanzo d’appendice scritto dal francese Alexandre Dumas con la collaborazione di Auguste Maquet nel 1844 e pubblicato originariamente a puntate sul giornale Le Siècle. È uno dei romanzi più famosi e tradotti della letteratura francese che ha dato inizio ad una trilogia: Vent’anni dopo (1845) e Il visconte di Bragelonne (1850).
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I tre moschettieri del titolo sono Athos, Porthos e Aramis, a cui poi si aggiunge il protagonista del romanzo, D’Artagnan.
I “Tre Moschettieri” in questa traduzione del 1853 a cura di Angiolo Orvieto offre un’occasione per comprendere lo spirito dei contemporanei a sognare e a vivere le gesta di questi intrepidi nei primi decenni del 1600 in Francia presso la corte di Re Luigi XIII assieme al cardinale Richelieu.
Il testo nela traduzione in italiano è un ottimo indicatore nel rilevare i termini in lingua italiana “alta” in uso nella prima metà dell’ottocento, quando ancora l’unità d’Italia era in divenire. Vi è una doppia lettura riferita allo stile di Alexander Dumas e a quella del romanzo moderno italiano che proprio in quei decenni Alessandro Manzoni stava tessendo.
La traduzione non è una semplice trascrizione, ma è una vera e propria interpretazione stilistica e produttiva di nuovi stili in prosa nella lingua italiana.
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Alexander Dumas scriveva i romanzi a puntate per pubblicarli via via nelle riviste di uscita bisettimanale o mensile. Vi sono ridondanze e richiami tra i capitoli e addirittura tra un romanzo e l’altro. Le riviste costavano poco ed erano facili da stampare e diffondere. Erano grandi faldoni di carta grezza piegati in quattro parti circa, da ritagliare e ricomporre mediante le pagine numerate. Era un lavoro lungo, ma piacevole: si pregustava l’arrivo per posta o la compera nell’edicola, se si abitava nelle grandi città vicino alle tipografie. E si aveva l’idea al tatto e all’odore della consistenza dell’episodio o del racconto. Lo si percepiva nelle proprie braccia, prima ancora degli occhi.
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Come nel “Conte di Montecristo”, o nel romanzo “La Sanfelice”, Alexander Dumas è abilissimo a incasellare gli eventi e i personaggi storici con quelli di fantasia, e riesce a presentare scenograficamente gli ambienti e i modi di fare dell’epoca. Le digressioni accompagnano il lettore nello spiegare il modo di agire dei protagonisti, i loro pensieri e i modi di concepire il mondo. E il bello è che noi riusciamo anche a comprendere il modo di sentire e di vivere dei contemporanei dello stesso autore.
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Alexander Dumas, massone e repubblicano, filo garibaldino, era abilissimo nel ridicolizzare indirettamente i re, i cardinali, i nobili in tutte le loro piccolezze. Paterno del mostrare le debolezze dei protagonisti con simpatia e talvolta con severità. Aveva una memoria prodigiosa che rendeva leggera la descrizione degli eventi storici passati, i nomi degli strumenti della vita quotidiana e l’organizzazione sociale. Il lettore si sente a suo agio nell’essere guidato nel contesto degli avvenimenti.
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I “Tre moschettieri” è un romanzo che è utile leggere oggi perché, oltre a essere un capolavoro e una figura topica del nostro immaginario, prospetta una nuova fonte cui attingere esempi per la nostra capacità di immedesimazione, emulazione, e creatività, in particolare del nostro futuro. I tre moschettieri e D’Artagnan anche provenendo da classi sociali e storie radicalmente diverse, diventano amici. Vivono assieme, non formano solo un gruppo, ma una vera e propria comunità di apprendimento, e ciò è valido anche per i loro lacchè. Crescono assieme dichiarando le proprie debolezze, cooperando lealmente e a viso aperto.
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Nonostante che alcuni di loro fossero già più che adulti per l’epoca, mantengono una disponibilità ad apprendere, giocare, progettare, agire con risolutezza, in modo giovanile, cioè fresco, creativo e innovativo. La lealtà, la comunanza, l’affidamento, costituiscono la spinta per migliorare dal punto di vista morale, relazionale (ed anche economico), nonostante i vizi e le debolezze.
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È importante leggere questo romanzo, perché, a differenza dei lettori contemporanei ad Alexander Dumas e ai tempi dei nostri padri, qui in Italia siamo ora un popolo con pochi giovani e con figli unici. La capacità di cooperare e di giocare assieme, accettare gli errori e le ignoranze altrui, per farle proprie nel condividere un comune percorso di apprendimento, non è più scontata. Fratelli e sorelle si alimentano l’un l’altro di creatività, di idee, e di progetti per il futuro, anche improbabili e fantastici e di lì verso il gruppo dei pari.
Oggi non vi sono tanti fratelli e sorelle, e i gruppi dei pari sono asfittici. La chiusura di sé rende povero e pigro il proprio bagaglio emotivo.
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I “Tre moschettieri” sono un giardino nel quale è possibile entrare sorridendo nel mirare la bellezza e la mutevolezza dei colori, oltre ai profumi, intensi alcuni e leggeri altri. E da questi rivedere il nostro corpo nel fantasticare nuove immagini di ciò che potremmo essere, che è appunto la spinta naturale di chi è giovane mentre cammina verso il suo futuro.