§CONSIGLI DI LETTURA: IN DUE SARA’ PIU’ FACILE RESTARE SVEGLI

Giorgia Surina. In due sarà più facile restare
svegli. Giunti Editore, Firenze, 2022

Le due amiche si recano all’ospedale per sottoporsi ad una procreazione medicalmente assistita. Non sono sposate. Non si conosce il donatore. Trattate come numeri. Quasi nude se non per i camici da salumeria con il laccetto, inquadrate. Senza privacy. Sgridate per non aver eseguito correttamente il protocollo. Senza un aiuto emotivo non tanto per la speranza, quanto per quel momento irripetibile per la donna, perché non si tratta di una semplice ingestione di una medicina. Tutto è messo alla prova. Tutto loro stesse. Da sole, se non nella loro alleanza.

E anche se ci fosse un uomo, sarebbero ugualmente sole per quanto riguarda la ricerca di una piena comprensione: un uomo non potrà mai accedere al terremoto devastante per ogni fibra della pelle, del cervello e del corpo che ha ogni secondo, quella donna che vorrebbe generare vita. Il dolore e la stanchezza comuni causate dal tentare più volte il trattamento dopo settimane di medicine di preparazione, di eventuali diete, di lastre, di controlli per la fertilità, saranno sempre quelle di lui e non di lei. È possibile anche la presenza di un rancore nascosto, nel non riuscire a divenire un padre. E se Lui è fertile, vi sarà sempre un angolo di frustrazione contro di Lei. Perché per lui di base una prestazione, che scaturisce nella socialità di un’esibizione, mentre per lei, probabile madre, è una totale Apocalisse.

Tutto ciò potrebbe accadere anche prima, per il rifiuto di lui ad accogliere l’evento atteso. L’imbarazzo e l’umiliazione per esser trattate entrambe come un pacco di magazzino sono infinitamente più lancinanti, perché vogliono concepire da sole, senza un compagno e vivere sostenendosi sempre come due amiche. Dopo esperienze sentimentali fallite, cercano la sorellanza nel divenire madri, nonostante lo sguardo perplesso della comunità, per la loro scelta poco ortodossa. Nude e alla merce del sistema sanitario e delle leggi.

Lo stile del romanzo è colloquiale, quasi diaristico. Parlato in prima persona, con locuzione gergali che accentuano alcune debolezze di stesura sintattica. Ribadiscono a se stesse la loro scelta, e quindi vi è una sovrabbondanza di un colloquio interiore con ridondanze di pronomi relativi e dei verbi declinati al futuro. La ripresa dei temi, spesso, è appesantita dalla ipertrofia d’uso di tempi imperfetti, poi schiacciati nel participio passato. Si avverte che l’autrice del romanzo è una nota e capace conduttrice radiofonica: sa veicolare le informazioni con una scrittura tesa a catturare l’attenzione di un ipotetico pubblico all’ascolto.

Bea e Gaia, le due protagoniste, attraverso i dubbi, tentano di sviluppare una morale coerente che sostenga la loro scelta. Si confidano con le madri, non lo dicono subito ai fratelli ai padri: la decisione e l’eventuale dolore della sconfitta implica la decisione di vivere il momento topico in modo intimo.

Riflettendo a proposito del suo ultimo mancato amore, Bea propone a Gaia di procreare comunque senza bisogno di un compagno: “Non si ha bisogno di un amore per vivere!”

Per divenire compiutamente se stesse, senza l’approvazione di alcunché.

Il romanzo, come una gestante, concepisce una biografia duale, che vorrebbe esser tipica di un modo di vivere la maternità. La scrittrice stessa si fa madre, attestando un percorso di vita che anticipa nuove possibilità dell’esistenza. Giorgia Surina negli specchi di se stessa, moltiplica l’atto di generazione per qualsiasi altra lettrice.

I capitoli si svolgono alternati tra le due protagoniste, in un contrappunto di un battito del cuore, come quello di una vita che nasce.

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