CONSIGLI DI LETTURA: Racconti di Isaac Bashevis Singer

Racconti di Isaac Bashevis Singer, Editore Corbaccio,
Milano, 2013, traduttori: Bruno Oddera,
Maria Vasta Dazzi, Mario Biondi

Il corpo di questi racconti che hanno attraversato il vivere di Isaac Bashevis Singer mostrano le sue eccellenti doti nel creare storie brevi e concise, tali da esprimere un climax coerente nello svolgimento delle scene. Il lettore si sente a suo agio nell’introdursi nei mondi evocati dalle singole narrazioni. Non vi sono ambiguità nel delineare i personaggi, perché sono descritti fisicamente con un involucro di segni distintivi dei loro caratteri e con le rispettive morali e biografie.

La presenza di ogni personaggio dispiega immediatamente il suo mondo, le origini dei suoi modi e delle sue inclinazioni nei rapporti verso gli altri, la divinità e il tempo.

Nella brevità delle composizioni vi sono, però, più piani concomitanti di lettura, perché si rileva la descrizione di un mondo intero, che parte da una stanza, una via, un villaggio, una città, un paese, un popolo, una nazione, un intero continente. Non è solo una descrizione fotografica, perché ogni uso e consuetudine ha una sua storia, un tratto distintivo di regole morali e di rapporti con le autorità mondane e con le dimensioni religiose.

I protagonisti esprimono il carico di un popolo nell’interrogarsi sull’umanità di ognuno e degli altri individui appartenenti a religioni e paesi diversi e lontani.

Il nucleo narrativo è innestato nelle comunità degli ebrei aschenaziti: il gruppo religioso ebraico originario dell’Europa centrale e orientale, tradizionalmente di lingua e cultura yiddish. I racconti sono ambientati nei periodi che intercorrono tra la seconda metà dell’ottocento e nella prima metà del novecento, per intersecarsi, infine, con la biografia dell’autore, passando dalla giovinezza, fino ai racconti della vecchiezza.

I protagonisti sono tutti appartenenti alle comunità aschenazite si fondono con le vicende verosimili accadute in Prussia, Germania, Svezia, Russia, Ucraina, Lituania, Olanda, Francia, Israele, fino agli Stati Uniti.

La struttura narrativa esprime una tensione costante tra i precetti religiosi yiddish, densi di regole, consigli, dibattiti, interpretazione del divino e di ogni aspetto pubblico e privato delle proprie interazioni sociali ed amicali.

I demoni intervengono come attori in gioco, mostrando anch’essi le debolezze, i dubbi e i crucci sul proprio operato. Dibattono con i protagonisti, nel tentativo di dominarli e di soggiogarli in una tensione continua tra la fede, l’aderenza ai precetti religiosi, e l’esigenza di esprimere le proprie convinzioni.

Si ammirano le multiformi culture yiddish, nelle loro inclinazioni a dibattere circa la bontà dell’operato di ognuno dalle azioni e dalle scelte capitali fino alle pratiche quotidiane nell’osservanza dei precetti delle feste e delle preghiere. Vi è una esorbitante pervasività della religione che è correlata, però, alla sua messa in discussione perenne. Sono godibili, e in certi casi comici, i dissidi, e i conflitti tra chi agisce, chi giudica, chi si oppone, chi cerca di comporre una giustificazione del proprio operato, fino all’intera biografia personale. Si dibatte e si litiga anche da morti. L’ultramondano è un elemento essenziale del senso e dello scopo che si dà al tempo e allo spazio del mondo.

Ognuno si sente un estraneo nel suo tempo e in ogni luogo, ma ogni ambiente è famigliare, perché è passibile ad accogliere le comunità aschenazite, in perenne bisogno di un luogo stanziale, che è però accompagnato dalla consapevolezza di poter risiedere ovunque. Ogni sito è la propria casa, seppure litigiosa, instabile, sotto i colpi delle violenze altrui, dei pogrom, del razzismo, dell’odio e dell’ostilità preconcetta.

Si sopravvive, nonostante tutto, alle avversità esogene, e alle proprie debolezze e peccati. Nella pena subita, e nella disperazione, vi è comunque una speranza inconscia di poter rimediare e di avere una seconda possibilità, anche di fronte alla divinità giudicante.

Vi è una infinita, inestinguibile e incrollabile ricerca di senso. I messaggi e i tempi sottostanti travalicano questo popolo, per interpretare l’esigenza di ogni individuo: narrare il proprio vivere in una coerenza tale da permettere un giudizio su di sé e quindi uno scopo per il futuro e per l’eterno. La condizione universale della speranza.

Una ironica compassione è distesa nei ruoli e nei caratteri degli agenti sociali. L’amaro disincanto che trasuda nel ritmo dei dialoghi e degli eventi, però, non è mai sarcastico, perché l’autore parla di sé, assimilando le inclinazioni dei protagonisti.

Questi racconti gravitano presso una domanda che Isaac Singer rivolge a se stesso: sono stato degno? Di quanto il mio vivere è stato coerente con i precetti che mi sono imposto e a cui credo e mi identifico? E se ho, come sicuramente lo è per me, e per il mio popolo, oltre che per il genere umano, la possibilità di rimediare e di migliorare?

Che speranze abbiamo nonostante i limiti, i pregiudizi e la superficiale ignoranza che ci contraddistingue?

La lettura dei racconti è già una risposta ai quesiti dell’autore, perché si è invitati a contribuire con la propria fruizione e i propri giudizi in questo percorso infinito della fruizione estetica, tale da renderci più aperti a sentire il mondo e ad immaginare uno scopo commendevole.

Emerge la speranza di un uomo, di un popolo, del genere umano, di noi stessi che leggiamo: acconsentire al proprio vivere, testimoniare il proprio vissuto, pregare di poter ancora vivere, se non altro per rimediare alle parti più oscure che appesantiscono il cuore e l’anima.

La lingua yiddish ride di se stessa, svelando la sua limitatezza e dichiarando quindi la volontà di apprendere, quindi di affermare la volontà di vivere, nonostante tutto.

CONSIGLI DI LETTURA: Le stelle dei giganti di James P. Hogan

 Le stelle dei giganti (Urania),  di James P. Hogan,
Beata della Frattina (Traduttore),
Mondadori, Milano, 2016

La trilogia creata da James P. Hogan fu scritta dal 1977 al 1981 circa. I raccordi tra le opere non risultano essere eccessivamente ridondanti nei loro richiami e, sebbene tra la fine del secondo volume e l’inizio del terzo si avvertono forzature nello sviluppo degli eventi in una probabile previsione di un’altra opera, nel complesso riesce a innescare un proprio “pathos”.

I protagonisti compaiono nell’intera composizione, ma hanno una diversa rilevanza in base alle specifiche trame ove l’antagonista diventa poi il cardine del volume successivo. Ciò mostra una profonda elaborazione delle trame dei tre volumi.

James P. Hogan mostra il suo notevole estro nel creare l’attesa, circondando la narrazione di un mistero avvolgente che spinge il lettore nella curiosità di giungere al termine in un godimento dello spirito di avventura e dello svelamento dei fili nascosti.

Si parla di noi e delle nostre origini. Le teorie dell’evoluzione autoctona sono messe in relazione con quelle di un intervento extraterrestre. L’originalità di quest’opera risiede nell’imputare le epifanie galattiche anch’esse avvolte nel mistero, e dipendenti da fattori che diventano sempre più larghi e numerosi.

Siamo nella guerra fredda. I temi della scomparsa delle civiltà, e dei conflitti nazionali, risentono delle logiche degli scontri tra l’URSS, gli USA, e la Cina. Paradossalmente di questi ultimi due anni, purtroppo, su piani diversi, quelle atmosfere sono ritornate e in modo molto più complicato di allora, nella tensione tra i due blocchi. E già da allora l’autore ha una visione più articolata dei livelli di conflitto.

James P. Hogan è particolarmente versato nello stendere intrighi in modo coerente e drammatico, quasi a livello teatrale. Conosce i tempi del climax, per giungere poi a una conclusione, che però poi si mostra limitata e provvisoria. Questo intento perseguito in modo sistematico, ha lo scopo di porre la necessità di avere un approccio scientifico e sperimentale e non ideologico, o mistico religioso nell’elaborare spiegazioni e nel formulare teorie.

Gli obiettivi polemici nel primo libro sono rivolti a chi valuta la selezione naturale e le teorie dell’evoluzione in modo pigro, semplicistico, o razzista. Vi sono passi di una chiarezza estrema nel mostrare la capacità di ragionamento e di prova nel validare le ipotesi, non nell’imporle con la retorica che convince o con la violenza, ma con un appoggio investigativo, teso a metterle alla prova, a negarle, a rilevare la loro attitudine a superare le prove.

Nonostante che l’autore fosse un tipico inglese, e traspare dai comportamenti ora ritenuti alquanto testosteronici, con una visione delle donne talvolta svalutanti, però, in particolare nella seconda parte del secondo volume e nel terzo, l’autoironia velata ne mostra la ridicola postura e la severa inconsistenza.

Nel secondo volume vi è un approccio critico verso il centrismo culturale, ovvero di credere noi, tutti gli uomini del pianeta, si sia il centro dell’universo e che il mondo “occidentale” ne sia il parametro assoluto.

Vi è una maggiore dignità rivolta a tutte le specie viventi, nella consapevolezza che noi e loro si stia insieme in un percorso comune all’interno della galassia, extraterrestri compresi.

Nel terzo volume vi è un messaggio di pace che può essere perseguita nel rispetto degli interlocutori, nel condividere una storia comune, mantenendo però a mente che siamo dotati di lati oscuri e di tendenze aggressive. Proprio per questo occorre l’equilibrio delle forze, la garanzia di poter vivere e sviluppare le proprie capacità, nello sforzo della conoscenza e nell’elaborazione di politiche e di relazione sempre più complesse.

Il futuro è sia una proiezione di ciò che già accadde in luoghi tecnologicamente più avanzati rispetto a noi oggi, ed è anche una previsione di possibili scenari. Si nota che l’autore si è preparato in modo certosino nel descrivere i processi evoluzionistici, i fattori biologici, le teorie della relatività, l’astronomia e la meccanica di volo.

È ambientato nel nostro decennio e nel successivo. È divertente notare come alcune tecnologie descritte siano per oggi teoricamente e tecnicamente impossibili, come quelle di gestire i neutroni come combustibile per le navi, e ancor di più sfruttare la curvatura dello spazio nel senso della relatività generale, nel correlarla con le onde gravitazionali. Qui mostra una fantasia compositiva ben innestata con i processi fisici.

Poi vi è anche l’uso di tecnologie di comunicazione, e degli oggetti di uso quotidiano il cui impiego parte dalle logiche derivate dal livello scientifico degli anni settanta e ottanta. Noi oggi sorridiamo a leggerne la descrizione, avendo vicino manufatti che hanno avuto uno sviluppo diverso e molto più efficace. Tale valutazione però, potrebbe essere utile per noi contemporanei in un esercizio di previsione (a priori infondato) di come sarà il nostro agire quotidiano tra dieci o quindici anni con i supporti tecnologici e di come li intenderemo, ovvero le logiche di uso.

L’analisi riguardo le nostre tendenze di uso e di sviluppo delle tecnologie, è una base per applicare la logica del procedimento scientifico, allo scopo di considerarlo un modo naturale di operare. L’autore continuamente sottolinea che un atteggiamento settario, superstizioso e rigido porta alla morte e all’estinzione delle specie.

Vi è inoltre un risvolto morale nel porre in primo piano che anche le etiche, necessarie per formulare i giudizi e indirizzare le decisioni, non sono scritte nella pietra e che possono mutare in virtù delle nuove conoscenze e di nuove situazioni mai concepite cui si è costretti ad agire.

La prudenza nel giudicare accompagnata da una costante autocritica è la chiave per mantenersi aperti all’imprevedibilità, e quindi a non esserne fagocitati.

Da buon inglese, James P. Hogan sa essere pungente nel praticare una ironia discreta e puntuale sui luoghi comuni e sulle caratteristiche dei gruppi umani e di quelli extraterrestri.

Il messaggio, più incisivo, e forse neanche pianificato dall’autore, risultante, quindi dallo svolgersi dele vicende, risiede nella consapevolezza che ogni gruppo umano e extraterrestre, e ogni specie, nonostante marcate deficienze, o pericolose inclinazioni foriere di possibili estinzioni proprie altrui, sono anche essere passibili di risultare una risorsa per essere sublimate nell’affrontare pericoli mortali.

Ogni individuo e ogni gruppo ha la sua dignità di esistenza e di possibilità di inventare il proprio futuro.

Lo stile è avvincente, con variazioni di ritmo e con una buona descrizione psicologica dei protagonisti.

È un libro di etica mascherato da fantascienza Hard.

Tutto da godere.